R comme Resistance

GIOVEDI 11 GENNAIO
ORE 17.00  @ Aula 5 facoltà di Lettere e Filosofia , via Zamboni 38
C38 presenta
A,B,C…DELEUZE
 R comme RESISTANCE
con TONI NEGRI

 

Nel tempo in cui la produzione eccede qualsiasi determinazione spaziale e
temporale,  l'università diviene un nodo centrale delle reti
produttive metropolitane. Perciò vogliamo sottrarre i saperi a qualsiasi retorica
che li vorrebbe neutrali, oggettivi, già dati.
Viceversa i saperi sono un terreno strategico di costruzione di
nuove linee di fuga dal dominio capitalistico, un territorio aperto nel quale
dare vita a dispositivi di soggettivazione e costituzione comune di un nuovo
agire politico. Tra questi quello dell'autoformazione è sicuramente tra i più potenti.
Proprio all'interno di un percorso autoformativo abbiamo deciso di
confrontaci con la filosofia di Gilles Deleuze a partire da alcuni concetti che emergono
dalle parole-chiave dell' Abecedario, la videointervista al filosofo francese
recentemente pubblicata dalla DeriveApprodi.
Partendo dalla primarietà della resistenza ( "prima la classe operaia, poi il
capitale" M. Tronti, Operai e capitale – "La resistenza è prima" G. Deleuze
Foucault) vorremmo analizzare l'esperienza dell'operaismo italiano e la
produzione filosofica di un certo post-strutturalismo francese. 

L'obiettivo dell' incontro è quello di far emergere, all'interno di alcune specificità irriducibili, una
costellazione comune tra questi due percorsi.
Siamo infatti convinti che qualsiasi
innovazione del linguaggio e della pratica politica possa trovare in questa
costellazione una potenza da esplorare e reinventare nell'azione.

C38, Collettivo di Lettere e Filosofia – Bologna

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66 Responses to R comme Resistance

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  62. franz says:

    è del tutto evidente che negri ha tentato di ridare importanza ad un pensiero “forte”.

    una nuova ontologia non-heideggeriana o anti-heideggeriana è un progetto del tutto condivisibile, solo si può declinare in molti modi. A negri non interessa quello fenomenologico-deleuziano o, meglio, non crede che questo da solo sia in grado di rendere la resistenza vero e proprio potere costituente.

    ma qui c’è di nuovo la debolezza del pensiero forte. Heidegger non può essere superato fino a quando non si è grado di fornire delle nuove categorie ontologiche, visto che quelle vecchie (soggetto, sostanza), tempo (durata, anticipazione, ricordo) non sono più utilizzabili.

    il pensiero debole oggi non conta più niente, però il pensiero “forte” non è il vincitore, tutt’altro. né il pensiero forte di negri è un vero pensiero forte, tutto incentrato com’è sulle categorie inevitabilmente “aperte” di moltitudine, capitale, resisitenza, potere costituente, soggetto desiderante, reti e relazioni.

    i concetti del post-strutturalismo sono per loro antura dei concetti-ponte, voci medie, ipotesi di lavoro, non immediatamente verificabili empiricamente, quindi epistemologicamente inefficaci.

  63. . says:

    Mi sarei aspettato qualcosa di piu’ interessante.
    Non so se sono piu’ deluso o sollevato del fatto che Negri si sia risparmiato il crogiolarsi nel gergo operaista (di cui i precedenti commenti trasudano). Non ha pero’ fatto economia del parlare aforistico e frammentato, un po’ suggestione un po’ vuota anafora (di cui si trovano altrettanti esempi nei suddetti commenti).
    Contro l’interpretazione debolista di Deleuze? E chi in aula si sarebbe sognato di sostenerla?
    Non basta la resistenza, occorre creare? Bene. Come? E soprattutto, cosa?
    La “resistenza e’ prima”? Bene, ma che significa in concreto questa suggestiva e speranzosa frase?
    Magari nei libri qua e la’ citati si trovera’ qualche spunto piu’ presente. Personalmente pero’ avrei ritenuto utile qualche anticipazione o almeno qualche traccia di approfondimento piu’ organica per chi non si sentisse gia’ profondamente coinvolto.

  64. gulp says:

    l’eccessivo pragmatismo politico e la metafisica desiderante, sintomi di un nichilismo che si fa decadenza (sig!)

    ed e’ subito destra,
    se si esce dal centro e si scorge il presunto soggetto eccedende-dialettico 🙂

    potrebbe essere il titolo di un capitolo sulla miseria dell’ambiente studentesco.

    non bastano i patchwork per dotare di senso “l’essere”!
    ancora un po di autoformazione
    ancora non ci siamo

  65. non importa says:

    il desiderio è pienezza dell’essere, potenza di una vita, spessore ontologico.
    per questo salti, discontinuità, rotture e rivolte hanno la consistenza di un sampietrino e l’eleganza di un ricamo.per questo l’esodo si da come riconfigurazione materiale, forte e potente.
    potere costituente, singolarità in costruzione, differenze irriducibili, all’interno di una superficie tracciata da questi 3 concetti non c’è spazio per la sintesi e la totalizzazione dialettica.siamo nel territorio dell’eccedenza,della pura creazione:come il sabotaggio in fabbrica, come le barricate in strada, come un virus nell’aria….

  66. whky says:

    Dislocazioni,fratture, salti…
    dall’ economia politica all’ organizzazione e viceversa.
    Discontinuita’ storiche e teoriche.
    E poi ritorna sempre il cosmico interrogativo:
    viene prima il soggetto e poi l’ oggetto?
    prima la gallina o l’ uovo?
    E in ultima istanza la dialettica e’ sempre positiva:tesi/antitesi/sintesi:
    modo di produzione/soggetto produttivo/ rivoluzione.

    Che dire quarant’ anni dopo?
    Tronti o Panzieri?
    Tante derive e pochi approdi si sa’!
    Deleauze ha scritto un solo libro “l’ anti-edipo” (ma freud e’ gia’ morto da un pezzo) tutto il resto e’ presunzione accademica per specialisti non per l’ azione sociale.
    La schizzoanalisi trova il tempo che trova dimenticando quel positivo delle sbarre dei manicomi, delle cure a forza.

    Flussi-deterritorializzati-riteritorrializzazioni
    -delocalizzazioni e localizzazioni repressive si! si! ma la dielettica e’ sempre la stessa, senza cesure, senza conflitto irriducibile alle magnifiche e progressive sorti della Storia, con la S maiusola.

    C’ era una volta l’ operaio massa e la catena di montaggio; poi venne la ristrutturazione e comparve l’ operaio sociale e il capitale multinazionale;
    poi con la finanziarizzazione estrema del capitale precipitammo nella globalizzazione e nel precario intellettuale; l’ operaio che sorge con la fine del lavoro salariato tenuto in piedi a forza del soggetivismo violento ed arbitrario del potere capitalistico.
    Infine-infine i nomadi, i nomadi guerrieri che a mezzo di deterritorializzarsi e riterritorializzarsi continuamente faranno implodere l’ impero.

    Peccato che l’ impero possieda argomenti militari a difesa della sua ideologia e nomadi poco piu’ che dei cammelli e qualche carabina demode’.

    Di sicuro arrivera’ qualche terzomondista col suo fare retro’ e speriamo che non arrivi Tronti a discorrere di autonomia del politico e dell’ arte astuta di entrare nel Pci del cui scioglimento pare non sia stato ancora informato.

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